Qui e ora; la danza di corpo e mente

Potremmo apprezzare appieno la musica di Mozart, se non conoscessimo altro che il suono dei tam tam?

Avremmo la possibilità di commuoverci davanti ad un’opera di Jackson Pollock, se per noi la pittura fosse solo la fedele riproduzione di ciò che abbiamo davanti agli occhi?

Io credo di no; per poter vivere davvero queste esperienze, è necessario imparare il nuovo.

Cosa vuol dire apprendere qualcosa di nuovo?

A queste domande cercherò di dare risposta, in questo breve articolo. Segui il discorso fino alla fine e poi, se vorrai, mi dirai cosa ne pensi.

Se siamo aperti solo a scoperte che si accordino con quanto già conosciamo, possiamo benissimo restare chiusi. Ecco perché in pratica ci servono così poco le meravigliose realizzazioni della scienza e della tecnologia. È inutile che riusciamo a prevedere e controllare il futuro corso degli eventi, se non sappiamo vivere il presente. È inutile che gli ingegneri progettino mezzi di trasporto più veloci e più comodi, se poi ci limitiamo a scegliere e a capire i nuovi luoghi che visitiamo in base ai vecchi pregiudizi.

Alan Watts – La saggezza del dubbio

Per aprire la porta al nuovo occorre possedere occhi nuovi, un nuovo apparato visivo che sia libero dalle nebbie create dall’uso improprio della mente.

Noi, gli umani, viviamo un costante conflitto tra quelle che percepiamo, (o meglio, che ci è stato insegnato a percepire), come due parti distinte di noi: intelletto e corpo. Abbiamo imparato, sin dai primi giorni della nostra vita, come il cervello meriti assoluta fiducia e riguardo, mentre il corpo debba essere mortificato in quanto mero ammasso di biologia inconsapevole. Abbiamo imparato la dialettica servo-padrone.

Il nostro corpo possiede un’intelligenza raffinatissima, che gli permette di compiere innumerevoli azioni senza il bisogno di una coscienza a fare da supervisore: esso, infatti, respira, vede, ode, digerisce, resiste alla malattia, fa circolare il sangue. Tutte azioni senza le quali la nostra vita cesserebbe istantaneamente.

Sapere istintivo, potremmo chiamarlo.

Un sapere potente che, però, abbiamo relegato a servo del pensiero cerebrale, autentico dominatore delle nostre occidentali esistenze. Il risultato di questo assoggettamento è la guerra che conduciamo ogni secondo contro noi stessi! Perché il corpo vuole cose che la mente rifiuta, oppure il contrario. Perché il corpo invia segnali che la mente non sa decifrare.

Ci siamo separati da noi stessi e, pare, non possediamo la voglia, o la forza, di tornare sui nostri passi. Abbiamo fatto un po’ di confusione.

Noi pensiamo di vivere col corpo, ma in realtà viviamo quasi interamente la vita col cervello, mangiamo con esso, ci facciamo l’amore.

In che senso?

La mente, normalmente, vive nel ricordo di eventi passati e, a partire da questi, nella programmazione del futuro; non è mai presente all’esperienza, cosa invece tipica del corpo. Un esempio:

È mezzogiorno ed io non ho fame. Oggi sarà una giornata impegnativa, un lavoro importante probabilmente mi costringerà al digiuno fino a notte fonda. Mi è capitato altre volte, in passato, di non poter mangiare per tutta la giornata lavorativa e so cosa si provi. Ma, nonostante questo pensiero, il mio corpo continua imperterrito a non sentire la fame. Che fare? Mi forzo a mangiare, molto per giunta, per mettere a tacere i pensieri sul futuro, (e non sicuro), digiuno.

In questa scena, la mente ha scandagliato i ricordi del passato e ha programmato il futuro, senza tenere in alcun conto il corpo, oltre alla stessa possibilità di essere in errore. Non solo non ha vissuto il presente, ma ha cercato il piacere e rifuggito il dolore.

Eppure senza la compresenza di entrambi, l’esistenza stessa cesserebbe. Piacere e dolore sono facce della stessa medaglia.

Come potresti definire il piacere, senza l’idea di cosa sia il dolore? Senza tenebra, come faresti a sperimentare la luce? Senza yin, potrebbe essere lo yang?

Il corpo, invece, è squisitamente presenza. Totale presenza. Il corpo sente lo stimolo della fame in questo preciso momento, non lo pensa per il futuro. Non guarda a cosa ha mangiato ieri. Ha fame ora.

Sente sonno in quest’altro momento, non percepisce una possibilità futura di averlo. Ha mal di testa proprio in questo istante, non importa come stesse due minuti fa o come starà fra 10 minuti. Il corpo è presenza, è istinto.

Non bisogna, però, incorrere in quello che io percepisco come un errore, ossia il rifiutare il grande potere della mente per vivere in un eterno presente inconsapevole; io ho bisogno di pensare a cosa comprerò più tardi al negozio sotto casa, al programmare una visita, a decidere cosa studiare, al lavoro che voglio fare. Sento la necessità di impegnarmi a studiare sempre nuove cose, per poter accedere a nuove risposte alle domande consuete che l’ambiente mi pone.

La programmazione non è negativa, in sé. Lo è il non vivere appieno il momento presente perché troppo occupati nel ricercare una felicità naturalmente impossibile da ottenere, perché sempre un pensiero più distante.

Leggi l’articolo “Testa e cuore”

Occorre equilibrio…

… e attenzione, per camminare su questa fune sospesa sull’abisso che chiamiamo Vita. Dovremo essere consapevoli del fatto che la corda oscillerà. Che potremo provare paura. Ma anche che, una volta compresi ed appresi i passi di questa particolarissima danza, giungeremo alla magia dell’esistenza.

Per danzare usiamo, dunque, il cervello: per pensare, per capire il senso degli avvenimenti, per comprendere chi siamo e cosa vogliamo. Per capire che tutto è mutamento. Fidandoci dell’istinto.

Al contempo ascoltiamo il corpo, la sua presenza, la sua materialità. Arriviamo a sentire come parte di noi tutto ciò che esiste; del resto, per l’umana vita, il sole, l’aria, l’acqua, i rapporti sociali sono parti vitali di importanza pari a quella del cuore o dei polmoni! Smettiamo di sentirci separati dal Tutto, perché così facendo terminerà anche quella deleteria tendenza a a risolvere ogni problema per mezzo di strumenti esterni, rifiutando le nostre personali abilità.

Siamo come le onde del mare: manifestazioni mutevoli di una stessa sostanza.

FP

Viviamo il momento presente con pienezza, rimanendo consapevoli della caducità sia del piacere che del dolore.

Perché essi sono, al pari di mente e corpo, aspetti complementari della stessa cosa.

Per approfondire:

Alan Watts – La saggezza del dubbio

Jackson Pollock

Dialettica servo-padrone in Hegel

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *