Avrei voluto vivere una vita tranquilla.

Avrei voluto vivere una vita tranquilla. L’ho ripetuto a me stesso infinite volte. Agli altri, meno.

Avrei voluto una vita in cui lottare contro i fantasmi della mente per riconoscere e assecondare i miei talenti. Una vita con la quale giocare in modo da mettere alla prova la mia forza d’animo e la mia costanza, come fanno i bambini ogni singolo giorno della loro infanzia. Una vita in cui accudire ed essere accudito.

Ma qualcuno ha deciso che tutti questi miei desideri fossero iniqui. Che io non avessi voce alcuna nella gestione dei miei giorni. Che io non fossi abbastanza intelligente per capire cosa avrei potuto fare e cosa no, per reggermi in equilibrio su questa sottilissima fune sospesa sull’abisso che è la vita.

Qualcuno ha cominciato a trattarmi come un infante, imboccandomi di propaganda, di ostacoli, di standard inarrivabili. Nutrendomi di vergogna e di inadeguatezza, di patologiche idee di prevenzioni ed aggiornamenti continui ed invasivi.

Dal canto mio, come dicevo, ho sempre chiesto solo una vita tranquilla, pur riconoscendo ed acettando la sua intrinseca imprevedibilità. Ma quella richiesta, così semplice e comprensibile, si è infranta definitivamente contro il duro bivio presso il quale bivacco incerto in questo momento.

Alienazione.

Sono qui e non sono qui.

Perché quel sogno resta tuttora vivo, seppur agonizzante per carenza di spazio, di aria.

Una voce nei recessi della memoria che chiama incessante, sommersa dallo spettacolo desolante di sedicenti elites, in lotta fra loro per il predominio sulla costruzione di un mondo alle loro rispettive immagini e somiglianze.

Gente piccola che immagina d’esser grande, solo perché il possesso di denaro e potere rappresenta oggi l’unico valore degno di attenzione e rispetto.

Io, invece, come tanti altri, avrei voluto vivere una vita tranquilla, poiché miti sono i miei propositi verso di essa. Perché rifuggo la prevaricazione e la violenza. E oriento le mie brame verso gentilezza e raffinatezza di pensiero. La parola usata per crescere e supportare; la mano utilizzata per costruire.

È ora, dunque, di mutare visione: il mondo è, (appare), un luogo ostile alla vita; il mito del progresso ha distrutto gli ultimi barlumi di umanità, trasformandoci in ammassi di carne inerte da usare a seconda degli scopi dell’esperto di turno. Esseri inanimati. Acefali.

Nuove divinità si sono affacciate sul nostro orizzonte, Dei tecnologici spogliati di ogni attributo umano e intrisi di impersonale smania di controllo. Totale.

Occorre conservare e difendere. Pregare.

Una vita tranquilla

Conservare quella scintilla ormai flebile di umanità ancora viva in noi per alimentarla e farla, di nuovo, divampare.

Difendere il ricordo di ciò che fummo prima dell’inizio di questo spettacolo triste.

Pregare, per ricollegarci alla fonte di ogni cosa. Alla Vita.

Dovremo remare contro corrente, ne sono consapevole. Sperimenteremo la solitudine. Reiezione, persino dalle persone più vicine e care. Ma…

Isolata è la cima – il senso di solitudine mai l’abbandona.

Se lo provate anche voi, siete benedetti.

Siete sulla via che porta a Noi.

Ma la vetta nevosa alimenta i fiumi del piano e irriga le messi nei campi.

È sulla vetta che il sole posa il primo raggio.

E i suoi ghiacci riflettono la luna.

E nessuno sa del grembo delle sorgenti calde, e stupiscono alle acque bollenti sotto la coltre di neve.

Non temete la gioia sacra della solitudine, lasciate che vi illumini d’amore.

Foglie del giardino di Morya I, 152

2 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *