Un nuovo Romanticismo: manifesto per un cambio di paradigma

L’arte è pericolosa; è una delle sue attrattive. Quando cessa di essere pericolosa, tu non la vuoi.

Anthony Burgess

L’arte non è innocua.

Fare arte è fare politica, mi dispiace per quanti pensino a quest’ultima parola come a qualcosa di laido; attraverso l’arte si può prendere parte alla vita pubblica per influenzarla e portarla a migliorare: il vero senso, cioè, della politica. Picasso, creando Guernica, rappresentò un fatto brutale e descrisse il mondo spaventoso in costruzione allora, ma anche una via per cambiarlo in meglio.

L’arte, nei nostri video e articoli, non è presentata sotto forma di lezioni, ma di discorsi sul quotidiano mediati dalle opere, siano esse appartenenti ai mondi di musica, scultura, pittura, fotografia o cinema. Sono spunti per pensare e per imparare qualcosa dalla loro atemporalità e universalità.

Prendiamo il tema oggetto di questo articolo, il Romanticismo: al riguardo potremmo parlare con dovizia di particolari del Viandante sul mare di nebbia oppure della bufera di neve che sorprese Annibale nel suo passaggio sulle Alpi, colta magistralmente da William Turner; potremmo descrivere le figure disperate de La zattera della Medusa o l’atmosfera angosciante de La barca di Dante. Ma già ne parlano molto bene grandi maestri d’arte come Vittorio Sgarbi; noi, invece, preferiamo focalizzare l’attenzione sull’impalcatura di pensiero che sorregge questi capolavori, per ricavarne illuminazioni utili a vivere appieno la vita, nel mondo di ogni giorno.

A proposito di illuminazioni, una doverosa premessa: il romanticismo nacque in contrapposizione a quell’overdose di razionalità che fu l’Illuminismo.

L’epoca dei Lumi, della fede incrollabile nel progresso scientifico e dell’elevazione dell’uomo a Dio, come assoluto padrone del mondo. Un pensiero tradotto artisticamente nel neoclassicismo, con le sue regole rigide e l’imitazione degli antichi greci e latini, la letteratura impersonale e la natura relegata a semplice decorazione delle opere. Il neoclassicismo della bellezza idealizzata e del disegno definito a dominare sul colore.

La razionalità che sbertuccia l’emozione.

Ma, dato che persino Kant arrivò a pensare l’impossibilità di conoscere il noumeno, ossia la cosa in sé, da parte della ragione, il pensiero illuminista dovette prenderne atto e, nella sua presunzione, fallì. Occorre dire che ebbe anche molti pregi, perché ci donò grandi pensatori e notevoli conquiste sociali. In fondo la ragione ha il suo motivo d’essere, è ovvio; ma la lezione che si impara studiandone le manifestazioni è quella di non considerarla l’unico aspetto di cui tenere conto nel corso della vita umana.

Analogie

Sono rilevabili delle grandi analogie tra quel periodo di transizione ed il nostro attuale; ad esempio la comune fede cieca nell’astrazione denominata arbitrariamente “scienza” che, elevata al rango di divinità, ha condotto noi allo sfacelo di una società in cui guerra, malattia, povertà e fame sono presenti presso la maggioranza degli abitanti del pianeta. Una scienza che, nonostante le meravigliose conquiste dell’ultimo secolo, ha portato anche agli esperimenti sui deportati, alle bombe atomiche e ai deliri transumanisti degli Harari, dei Cingolani, dei Gates, tra gli altri.

Oggi, come allora, il sacro è scomparso dall’orizzonte umano e con esso Dio; ci crediamo i padroni indiscussi della natura, affermando addirittura che essa sia sorta da una gigantesca esplosione solo per servire le nostre manie antropocentriche. Una presunzione senza precedenti.

Tutto è divenuto merce da esibire su uno scaffale, financo l’essere umano: messo in mostra nel suo momento di maggior bellezza e prestanza fisica nei reality o nelle sfilate, sembra essere uno degli schiavi in vendita nel mercato dipinto da Boulanger nell’800.

Il recupero di parte del pensiero alla base del romanticismo, oggi, si pone come diga di fronte a questo disastro sociale.

Cambio di paradigma

Per questo, secondo noi, è un’assoluta urgenza il recupero dell’estetica romantica: l’irrazionale e la fede, l’antiaccademismo, l’aspirazione all’infinito, il riconoscimento della caducità della vita, la valorizzazione del passato come radice su cui far crescere forte il tronco e i rami del presente.

Vi sono due cose durevoli che possiamo sperare di lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.

L’essere umano è minuscolo di fronte all’immensità della natura, come descrive perfettamente Caspar David Friedrich nella sua tela Il monaco in riva al mare; in essa si rende percepibile la distanza enorme tra la finitezza dell’uomo e l’infinita Vita, distanza che provoca un’esperienza terrificante nell’animo, paralizzante persino.

Quel monaco sente la propria piccolezza, percepisce che nulla può contro la natura e contro la morte. E’ un essere conscio della propria insignificanza pregna di significato, una contraddizione con la quale faremo i conti tutti, prima o poi: perché se è vero che egli è minuscolo e continuamente in balia degli eventi naturali, al contempo rappresenta l’unico elemento verticale dell’intera composizione. Come a dire che solo attraverso l’esperienza terrena ed il trovarsi faccia a faccia col Sublime, l’essere umano può elevarsi e trascendere i limiti del proprio corpo. Come nell’antico simbolo della croce, in cui la linea verticale spinge l’umano verso lo spirito.

Ascolta il brano di Battiato che ne parla.

In una società in cui la vulnerabilità è qualcosa da nascondere ed in cui il motto più in voga è “puoi se vuoi”, questo messaggio è quanto di più empio vi possa essere.

Eppure solo il dichiararsi vulnerabili ci dona un’umanità reale, perché esclusivamente le macchine possono agire senza il timore d’esser ferite. Senza la paura di morire. Questo è un agire, però, che ha un prezzo molto alto: il non poter provare quell’empatia in grado di cambiare in meglio ogni relazione interpersonale.

Siamo umani e non dobbiamo vergognarcene.

Queste parole possono suonare anacronistiche, anche blasfeme, se pronunciate di fronte ai nuovi idoli che, ormai, abbiamo elevato al rango di divinità. Ma crediamo che possano essere un appiglio molto utile con cui fare leva sulla nostra interiorità per cambiare strada, finché saremo ancora in tempo.

Mondo alla rovescia

Esperiamo ogni giorno un mondo alla rovescia, nel quale l’interiorità è degradata ad ammennicolo a favore di un’esteriorità fatta di vuote apparenze. Questo noi lo vediamo ovunque, persino nel nostro più grande amore, la musica. L’estetica neo illuminista la riscontriamo nell’edonismo di alcune band mediocri, che ottengono un enorme successo proprio per via del loro corrispondere alle regole estetiche correnti e del piatto conformismo ai diktat voluti dall’establishment. Musica fatta con lo stampino, molta forma, poca sostanza.

In pochi hanno la forza di mettere in musica la condizione umana o la caducità della vita, e sono rarissimi coloro che percepiscono il vuoto all’interno del nucleo dei fenomeni e che, allo stesso tempo, aspirano all’infinito. Un artista che, per noi, è fonte di ispirazione perché in grado di farlo è Giorgio Gaber.

Il contenitore è diventato molto più importante del contenuto.

L’irrazionale non è tenuto in alcuna considerazione, anche se è importante tanto quanto il lato razionale; la morte si è trasformata in una infida nemica da allontanare il più possibile, anziché essere tenuta in seria considerazione come monito, per mettere gli eventi della vita nella giusta prospettiva. Così, anche la lezione di Heidegger è stata buttata nel cestino.

L’introspezione, tanto necessaria per viaggiare nei nostri abissi e superare l’idea di una discontinuità tra noi e il mondo, è giunta ad essere attività da misantropo e asociale. Quella stessa introspezione che è, al contempo, necessaria per poter affermare con coscienza “Io Sono”, in un’altra apparente contraddizione, questa volta tra continuità e discontinuità tra noi e il mondo.

Tra l’altro, parlando di contraddizione: anch’essa è parte integrante dell’esperienza umana, anche se viviamo credendo di poter raggiungere una qualche coerenza nel quotidiano; non vogliamo renderci conto di come essa sia impossibile, perché noi continuamente mutiamo, sia dentro che fuori. Siamo simili a fiumi, le cui acque in eterno fluiscono, cambiandone di continuo la composizione. Essere umani è essere incoerenti.

La via di Falunaa

Dopo aver delineato quale sia il punto di vista di Falunaa rispetto alla società in cui viviamo, ecco la via che proponiamo per cambiare strada.

Il coraggio di essere persone e di colorare il mondo con la propria personale tinta; ecco la declinazione del romanticismo che si adotta qui a Falunaa. Se siamo chi siamo, lo dobbiamo a come abbiamo agito nei confronti della vita nel passato, a cosa abbiamo vissuto e dove. Con chi.

Valorizziamo l’esperienza personale, in quanto unica ed inimitabile e sinonimo di originalità , la qualità tanto cara agli artisti romantici. Ammettiamo, come facente parte di tutto ciò che esiste, anche il brutto, il dissonante, la morte; troviamo che sia poco salubre eliminare questi aspetti della vita dal proprio orizzonte, perché, facendolo, ci alieniamo dal mondo. E’ facile meditare in un tempio buddhista, immersi nel silenzio, tra incenso, candele e mantra. Molto più difficile è farlo in una via di Colombo invasa da three wheels clacsoneggianti e smog irrespirabile. E noi viviamo molto più tempo in mezzo al caos delle città, che nella pace.

Questa nostra via richiede la forza di rifiutare tutte le regole arbitrarie che mirano a sminuire l’intelligenza e il valore della vita; nessuna regola può sostituire il rispetto della natura, sia questa nome proprio, quindi con la N maiuscola, oppure sostantivo di umana.

Diamo valore al linguaggio, alla sua ricchezza e varietà; perché il linguaggio genera la nostra realtà e solo possedendo le parole possiamo possedere un pensiero profondo. La scrittura e la lettura sono attività imprescindibili, nelle nostre proposte.

Diamo potere all’immaginazione, perché è immaginando nuovi modi di affrontare la vita che si potranno, poi, operare scelte atte a costruire un futuro mai visto prima.

Immaginare nuove risposte alle domande consuete è un esercizio importantissimo, soprattutto oggi: quando rispondiamo automaticamente ad uno stimolo, non siamo realmente liberi, ma schiavi di schemi mentali limitanti.

L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa

William Blake

Sosteniamo con convinzione, quindi, il fare anima, così come delineato da John Keats:

Supponiamo che una rosa provi sensazioni. Un bel mattino, essa fiorisce e gode di se stessa; poi, però, sopraggiunge un vento freddo e il sole si fa ardente. La rosa non ha scampo, non può eliminare i suoi travagli nati con il mondo: allo stesso modo, l’uomo non può essere felice ignorando che quei travagli esistono, e gli elementi materiali prenderanno il sopravvento sulla sua natura. I corrotti e i superstiziosi chiamano comunemente il nostro mondo: “valle di lacrime”. Da questa valle dovremmo essere liberati grazie a un certo arbitrario intervento di Dio e condotti in cielo: che pensiero limitato e mediocre! Chiamate il mondo, vi prego, “la valle del fare anima” e allora scoprirete qual è la sua utilità. […] Dico fare anima intendendo per “anima” qualcosa di diverso dalla “intelligenza”. Possono esistere milioni di intelligenze o scintille della divinità, ma esse non sono anime fino a quando non acquisiscono identità, fino a quando ognuna non è personalmente se stessa

John Keats

Qui a Falunaa coltiviamo il nostro universo interiore per conoscerci, crescere e relazionarci al meglio con gli altri, il tutto nella cornice dell’arte nel suo senso più ampio.

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