Non sono di questo mondo

Non sono di questo mondo. Ne ho scritto in una mia poesia. Qualche mese fa, quando, quasi obbligato ad osservare un qualche non luogo del fittizio mondo della rete, rimasi pietrificato all’istante dalla visione di un abisso infinito che si nascondeva dietro alle parole e alle immagini ivi presenti.

Qualche mese fa ebbi la certezza del baratro culturale della nostra società, ottusamente felice di andare incontro ad una lentissima e tremenda fine.

Fine.

Si, è finita. il vuoto sta risucchiando ogni barlume di cultura e di intelligenza, lasciandoci corpi esanimi, senza più il sangue della saggezza.

Slogan.

“Inclusive battaglie” che escludono chiunque non vi si pieghi.

Propaganda martellante attraverso tutti i canali esistenti. Il sovvertimento del significato delle parole.

Immagini di morte terribili annegate nell’esposizione di nuovi spauracchi.

Si, l’intelligenza ad ovest degli Urali è ormai defunta. Il futuro è altrove. Dove? Non lo so. Non qui.

Ma qualcosa credo che possiamo ancora farla: possiamo ricordare, essere memoria incarnata di quel nucleo di umanità in dissoluzione artificiale, possiamo ancora tramandare, clandestinamente, le basi di quella vita, basi sia biologiche che spirituali. Possiamo custodire la memoria di ciò che saremmo potuti essere e che potremmo ancora diventare.

La memoria del Sacro.

Occorre salvare la memoria unendoci. E allora uniamoci.

Il mondo di Falunaa è uno dei custodi di questa memoria.

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