Sullo splendore futuro

La sinfonia n. 9 in re minore, op.125 “Corale” arriva, oggi, adesso, a ricordarmi che esiste un punto, nell’universo, da cui uno splendore assoluto si irradia, puro, in ogni direzione. Un punto a cui mi aggrappo per non affogare nel mare di sconforto che bagna, da troppo tempo, le rive di questo nostro mondo in fiamme. In dissoluzione.

La sofferenza del quotidiano, tra carri armati, fame, vigliaccheria, grilli sfarinati, vermi in pasta o in carne ed ossa, viene dissipata dalle note iniziali del terzo movimento, non a caso definito di una “purezza e dolcezza celestiale” da Wagner. Come si può rimanere indifferenti a questo cielo infinito trasposto in musica dalla sensibilità artistica di un uomo ritenuto ormai esaurito, inutile, dai propri contemporanei. Un uomo che aveva perso tutto, compreso l’udito, suo straordinario e mai abbastanza ringraziato strumento. Un uomo che aveva toccato il fondo della propria vita.

Ecco, Beethoven mi ricorda parecchio l’oggi. Si, proprio il nostro 2023.

Perché, nonostante i lustrini con cui ci abbagliamo da soli, nonostante la laccatura con cui abbiamo, consapevolmente o no, ricoperto questa nostra vita, l’essere umano è in avanzata fase di decomposizione. L’odore di morte si spande in tutta l’atmosfera, non sentito.

Cantava un grande musicista, che amo, di come solo dal letame possano nascere i fiori; dalla morte riappare la vita, da ogni fine ci si deve attendere un nuovo inizio. Ci stiamo decomponendo, perdendo intelligenza, sensibilità, gusto, gioia, piacere della scoperta e capacità di rimetterci in gioco. Stiamo perdendo l’importanza capitale del dubbio, attraverso il quale pensare altrimenti ai pensieri di una folla sempre più vociferante e sempre meno ascoltante.

Eppure, da questa fine di un lungo periodo storico di crescita, nascerà una nuova vita; diversa, certo. Inimmaginabile, per ora. Ma risorgerà eccome da queste ceneri, sfruttandone alcuni elementi di base e scartandone altri. Se coltiveremo la Bellezza, allora la morte non potrà toccarci, perché il seme lanciato riverbererà all’infinito.

L’essere umano tornerà a splendere.

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