M’abbandono al giorno nuovo.

Vita che ferisce, urta, minaccia.

Vita che accudisce, accarezza, rincuora.

La vita. Vive. Si vive.

Io ci vivo dentro, e attraverso. Sottile, invisibile quasi. Un fantasma di carne, un fantasma di byte.

Inconsistente presenza non richiesta.

Architetture di parole al vento, semi gettati su cortile d’asfalto di caserma. Infinito tempo a fare l’amore con una parola, una rima, una frase, a nutrirla di calore ed attenzioni. Di giochi. Per poi, alla fine, reggerne sconfitto la testa tra le mani, morente d’indifferenza.

Vivo, dunque?

Posso davvero asserire di vivere?

Ora, se a quella parola aggiungessi, a mo’ di prefisso, soprav, allora si, potrei dirlo eccome.

No. Non puo’ essere tutto qui. Non puo’ esser tutto così.

Sognare? Morire?

Forse.. Si, Spirito. Anima. Un’oasi nell’attimo.

Corrente che accende: corrente che ascende.

Che corre, corrente; che scorre.

M’abbandono infine a questa corsa. Tra pochi.

Silenzio. Nebbia. Gelo.

Una fiammella. Dentro.

M’abbandono alle brutture e alla bellezza.

M’abbandono al giorno nuovo.

Di nuovo.

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