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Riflessioni su un amplificatore Marantz

Il mio amplificatore audio casalingo, un vecchio Marantz, ha cominciato a dare segni di cedimento qualche tempo fa; sfrigolii, perdita di potenza, audio distorto sono solo alcuni dei sintomi che ho avvertito negli ultimi tempi.

La vecchiaia arriva per tutto e per tutti, del resto.

Anzi, devo dire che, per avere una trentina d’anni di vita, si è sempre comportato egregiamente, al contrario di molti apparecchi di recente produzione, che nascono, filosoficamente direi, con la data di fine vita già segnata. Una vita sempre più breve, peraltro, ma questa è un vecchio discorso che ha a che fare con la società capitalista; esula, dunque, da ciò che voglio raccontare oggi.

Al mio Marantz, quindi; ho cercato a lungo un amplificatore che potesse sostituirlo, anche per poter avanzare in termini di qualità sonora: finalmente, ieri sono riuscito a trovarlo. Onkyo. Produzione giapponese anni novanta, un range sonoro di tutto rispetto, distorsione molto bassa. Suoni eccellenti. Immacolato.

Con lui, ora, posso immergermi in sfumature e stratificazioni sonore a me inaccessibili fino a l’altro ieri. Ho scoperto magnifiche chicche in brani ascoltati decine e decine di volte, ho aperto gli occhi, (le orecchie!), sulla cura maniacale che taluni artisti e produttori, infondono nel ricercare incessantemente l’eleganza sonora e la ricchezza artistica.

È bastato così poco per ravvivare una passione ormai agonizzante sotto la coltre asfissiante di banalità con cui siamo bombardati musicalmente oggi.

E attraverso questo scorcio di vissuto, ho sentito un dolce sapore già avvertito in altri momenti della mia vita, il sapore potente della metafora affiorare dalle pieghe di un avvenimento.

Sono nate domande.

Domande tante.

Domande consuete.

Inconsuete. Sconosciute. Sfidanti. Totalizzanti.

Tra le altre…

E se fosse così semplice trovare il modo a noi più congeniale per affinare i nostri sensi, così da riuscire a percepire tutte quelle sfumature del quotidiano che, oggi, invece ci sfuggono?

Pensa: camminando per strada, quante cose importanti scorrono veloci sotto il nostro sguardo senza che riusciamo a fissarle? Quanti colori, odori, pensieri, parole strappate, quante sensazioni piacevoli o spiacevoli ci toccano speranzosi di attenzioni puntualmente frustrate?

Due Haiku.

Quanta ricchezza lasciamo andare, ogni singolo istante, per distrazione. Una distrazione che è in gran parte frutto di un mancato allenamento alla percezione dello sconosciuto.

Riconosci l’appello anche nel cadere di un petalo di rosa. La Vita è piena di voci che chiamano.

Foglie del giardino di Morya. Vol. 1

Vivere, per me, è studiare, conoscere, esplorare, creare, essere attenti.

Non chiedo affatto di vivere il qui ed ora: abbiamo un passato che è sempre presente a noi stessi e che condiziona le nostre scelte in ogni momento. Abbiamo un futuro da immaginare e da costruire ad ogni secondo. L’adesso è, si, un momento di rara potenza, ma che, al solo parlarne, è diventato già passato.

Non chiedo di vivere il qui ed ora, ma chiedo di porre attenzione a ciò che abbiamo dentro e a ciò che ci circonda in ogni momento, consapevoli del fatto che faccia tutto parte di un gigantesco flusso nel quale siamo immersi, come in una corrente d’acqua un pesce.

Vivere come se fra un minuto dovessimo morire, pienamente consci della Vita che scorre, della linfa che ci attraversa come se fossimo tronchi d’albero e che ci permette di essere un ponte tra cielo e terra.

L’osso cavo di sciamanica memoria. Un Yggdrasill.

Gli alberi ci insegnano a vivere

Ricorda: riconosci l’appello anche nel cadere di un petalo di rosa.

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